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29 Giugno: CAMOSCIO DAY

Il 29 luglio 1991 un manipolo di ambientalisti abruzzesi, di studiosi e appassionati, con il fondamentale supporto depgli allora vertici del Parco nazionale d’Abruzzo, iniziarono un percorso per la salvaguardia del Camoscio Appenninico e lanciarono l’obiettivo 2000-2000-2000: ripopolare l’Appennino centrale con almeno duemila camosci, oltre i 2000 metri d’altitudine, l’habitat ideale di questa sottospecie, entro l’anno 2000. Serve ricordare che all’inizio del ‘900 nell’area che poi sarebbe diventata il futuro Parco Nazionale d’Abruzzo sopravvivevano poco più di 30 esemplari di camoscio d’Abruzzo (a quel tempo era questa la denominazione dell’attuale camoscio Appenninico) un numero troppo esiguo per garantire la sopravvivenza della specie. E se la situazione non fosse mutata, si sarebbe perso per sempre un animale di grandissima importanza per la biodiversità del Pianeta. Il camoscio appenninico, infatti, è una sottospecie endemica per l’Italia, questo significa che questo animale si trova esclusivamente nel nostro Appennino e in nessun altra parte del mondo. Per fortuna però, le cose sono andate diversamente e proprio per questo il 29 luglio con il Camoscio Day vogliamo ricordare un evento di 27 anni fa si festeggiano che sarebbe diventato l’avvio di una strategia vincente per salvare dall’estinzione questo bellissimo ungulato.

Il camoscio più bello del mondo, come viene unanimemente definito dagli zoologi il camoscio appenninico può essere considerato a pieno titolo un ambasciatore dei Parchi Italiani. Non solo rappresenta un caso di successo internazionale per le politiche di conservazione di una specie a rischio, ma la sua tutela è legata strettamente a quella del territorio in cui vive e alle politiche di istituzione delle aree protette. Insomma, se non ci fossero stati i Parchi dell’Appennino con tutta probabilità il camoscio non sarebbe sopravvissuto. Il camoscio appenninico non va confuso con il più diffuso camoscio alpino che è proprio una specie diversa (Rupicapra rupicapra), ampiamente diffuso sull’arco alpino, che gode di un regime di protezione inferiore, maggiormente imparentato con i camosci nord-orientali, rispetto a quello appenninico che invece appartiene ai camosci sud-occidentali, che lo rendono più simile ai camosci presenti in Spagna.

Un obiettivo molto ambizioso, considerato anche lo stato molto critico in cui versava la popolazione di questo animale, ma pienamente raggiunto, visto che oggi la popolazione nei parchi interessati dalla presenza del camoscio (Majella; Abruzzo, Lazio e Molise; Gran Sasso Monti della Laga; Monti Sibillini, Sirente Velino) si attesta oltre i 2800 esemplari. Gli esperti ritengono che questo numero sia sottostimato e sicuramente in crescita rispetto a quanto si sta registrando con i nuovi censimenti attualmente in corso nei parchi che si completeranno entro agosto. Possiamo comunque dire che l’ambizioso progetto 2000x2000x2000 lanciato 27 anni fa è stato sì raggiunto con alcuni anni di ritardo, ma ormai molto ben avviato, raggiunto e superato nei suoi numeri, grazia all’impegni dei Parchi che hanno collaborato tra loro e insieme ad associazioni come Legambiente, grazie a finanziamenti Europei ed i progetti Life in particolare (nel 2016 il Progetto Coornata per la tutela del camoscio appenninico ha ricevuto il Life Award della Commissione Europea) ed il fondamentale contributo delle istituzioni locali che sono state fondamentali per la buona riuscita delle attività di tutela del Camoscio. Si deve infatti all’impegno di amministratori e cittadini di tanti comuni appenninici sedi di aree faunistiche, che hanno sottoscritto la Carta di Farindola per la tutela del camoscio, con l’obiettivo di rinsaldare il loro ruolo e la collaborazione tra i Parchi e le Comunità locali che, grazie alla presenza delle aree faunistiche nei loro territori, hanno permesso il successo delle attività di conservazione del camoscio. È stata l’adesione di queste comunità alle iniziative messe in atto in questi ultimi decenni, e la collaborazione concreta con gli Enti parco e le associazioni, se oggi possiamo, con orgoglio, celebrare il successo ottenuto per la conservazione di una specie che agli inizi del secolo scorso era destinata all’estinzione.

di Antonio Nicoletti – Responsabile Aree protette e biodiversità Legambiente nazionale

Legambiente Natura